Genoveffa De Troia

L’incontro con Padre Angelico da Sarno

“Genoveffa, anima bella”, così spesso la chiama nei suoi scritti Padre Angelico da Sarno, il frate cappuccino che l’ha seguita spiritualmente dal 1925 fino all’attimo in cui la Venerabile esalò l’ultimo respiro, la mattina dell’11 dicembre 1949.

Nel libro “Dal silenzio in un mare di luce”, egli racconta di come conobbe Genoveffa: nel Convento di Sant’Anna di Foggia, nel quale Padre Angelico era Parroco, da poco si era ricostituito il Circolo Giovanile Maschile del Terz’Ordine e, tra i giovani che si occupavano dei malati e i bisognosi, un giorno gli si presentò Romeo Tortorella che, con enfasi, riferì di aver conosciuto una povera ed inferma creatura che viveva solo di preghiera e di offerta al Signore e che chiedeva accorata la presenza nella sua vita di un padre spirituale. Padre Angelico, non accolse subito l’invito: un po’ perché oberato da impegni e un po’ perché si trattava di una donna e la circostanza lo avrebbe posto in una condizione di imbarazzo.

Trascorsero altri giorni, ma le insistenze filiali del giovane, spinsero il frate per carità, ma anche per curiosità, a fare una visita all’inferma. I due raggiunsero la povera casa di Genoveffa, che era stata precedentemente informata del loro arrivo. Nello stesso attimo in cui Padre Angelico la vide capì che non l’avrebbe mai più abbandonata e, per quasi 25 anni, ne raccolse i pensieri, le preghiere, i timori e le candide e ingenue confidenze. Non riuscì più a separarsi da lei e se ne prese cura, come a voler guarire quelle ferite profonde che accompagnavano la povera donna sin dalla tenera età.

Quando Padre Angelico la conobbe, il dolore della morte, più volte, aveva già colpito Genoveffa; infatti, le erano venuti a mancare la sorella Giovina, i fratelli Vittorino e Attilio ed il padre. Erano rimaste lei, la madre e sua sorella Annita, che si era sposata. Padre Angelico, ben presto riuscì a creare intorno a Genoveffa uno stuolo di anime caritatevoli, che provenendo da vari ceti sociali, la sostennero moralmente ed economicamente; tant’è, che con il loro aiuto, padre Angelico riuscì a comprare una casa per Genoveffa e sua madre, ponendo fine al suo peregrinare.  Fu così, che le due donne, il 17 aprile 1940, si trasferirono in Via Briglia n.3 (oggi Via Genoveffa De Troia n.3). Padre Angelico, però, dovette tener testa ai commenti di tanta gente, che sosteneva che il quartiere non fosse consono ad un’anima così pura; infatti, gente di malaffare frequentava ed abitava quei vicoli; ma il frate seppe leggere in quella scelta un disegno divino, forse proprio in quel luogo una “luce” avrebbe risvegliato le coscienze riconducendo tante anime perse al buon Dio. Erano quelli anni difficili; in molti erano partiti per la seconda guerra mondiale e, la città di Foggia non solo non vide far ritorno tanti figli, ma con gli ultimi bombardamenti, i più devastanti del 22 luglio 1943, la città venne rasa al suolo e, dopo il delirio delle incursioni aeree, non rimasero che morti e macerie.

In questo contesto di morte e dolore, la presenza di Genoveffa (che fu costretta a rifugiarsi per due anni a Troia a causa dei bombardamenti sulla città di Foggia, durante la Seconda Guerra Mondiale), fu per tanti rifugio sicuro, preghiera, speranza e aiuto materiale, perché “l’anima bella” donava quello che riceveva dai benefattori ai poveri, che si accostavano al suo letto di sofferenza.

Lei diceva che non aveva bisogno di nulla, perché il suo “tutto” era Gesù Eucarestia. Si preparava, racconta padre Angelico, sin dalla notte alla Santa Messa del giorno seguente; voleva che il piccolo altare allestito nella sua celletta fosse adornato con fiori bianchi; che tutto fosse in ordine e pulito nella sua umile dimora. Attendeva quel momento come una grande festa; quando riceveva la Santa Eucarestia, non toccava cibo per tutto il giorno; nulla doveva rovinare quell’intimo contatto con Gesù.

Padre Angelico non avrebbe potuto non essere rapito da tanta beltà d’animo! Grazie al giovane Tortorella Genoveffa, finalmente riuscì ad avere un Padre Spirituale, che per lei divenne il padre, il fratello, l’amico; ma anche padre Angelico trovò sempre in Genoveffa coraggio e forza; quell’esile donna, martoriata nel corpo e devastata dal dolore, fu anche per lui l’esempio tangibile di come tutto può trasformarsi guardando unicamente Gesù. Il frate mantenne impegno e responsabilità verso Genoveffa, fino al giorno in cui anch’egli morì, il 27 febbraio 1964.

Per 39 anni, non vi è stato giorno in cui, Padre Angelico, non abbia curato l’anima dell’inferma.

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